APPUNTAMENTO N.
61
RENE’ LEVY RACCONTA G. OHSAWA
di
Bruno Sangiovanni
Per chi non avesse visto gli ultimi appuntamenti, ricordo
che il tema René Lévy Racconta G. Ohsawa
è iniziato con l’appuntamento N. 57, solo nel caso si volesse rivedere questo
racconto dal suo inizio.
Con l’appuntamento di oggi, riprendiamo, e proseguiamo il
racconto riproducendo due capitoli dello scritto di René. Il primo si intitola Il Maestro della tavola; il secondo Schizzo della Vita di G. Ohsawa. Per
quanto riguarda il primo (Il Maestro della tavola), lo riporto integralmente
perché si tratta di un vero e proprio affresco di una tipica giornata
macrobiotica, in questo caso durante uno dei campi estivi con G. Ohsawa verso
la fine degli anni ’50.
In cucina con Daniele a Cuisine et Santé (Foto Cuisine et Santé) |
Il Maestro della tavola
“…E’
uno sciame che accompagna ognuno dei suoi passi (si intende di Ohsawa). Lui li
contempla, i suoi occhi rapidi vedono su ogni viso la sua storia,
concretamente: Troppa frutta!, Sì! -
Proteine animali?, Sì! -Così tanto zucchero!, Sì! - Così tante medicine!, Sì!
Guaritevi dal vostro Sanpaku! Troppi liquidi! Mancanza di precisione! Mancanza
di Flessibilità! Masticare di più! Gomashio! Studiate Yin e Yang. E così
vanno fino a tavola. Si siedono. Hanno fame e sono gioiosi. Mastichiamo, mastichiamo! Ed ecco che il
nostro corpo è in buona salute.
I piatti sono serviti, la tavola è guarnita molto
esteticamente, cereali (riso integrale, miglio, saraceno, orzo, mais, fiocchi
d’avena). Verdure (carote, cipolle, rape, crescione, cavolo e ravanelli)
qualche beignets di verdura selvatica. Torte, composte di piccole mele. Sulla
tavola scodelle di legno per il gomashio, tamari, del pane integrale scelto,
olive nere, burro di sesamo integrale (tahin). A partire da questi elementi, il
gioco Yin-Yang comincia.
Ciascuno secondo il proprio stato fisico, la propria età, la
propria attività, la propria golosità, la propria giustizia. La quantità uccide
la qualità. Ohsawa guida alcuni malati intorno a lui, condisce con tamari le
verdure. Niente dessert per questo reumatico, per lui la N. 7 è la strada più
rapida (pur restando libero di andare la sera al ristorante più vicino a fare
bisboccia). Ad un ragazzo lo incoraggia a servirsi abbondantemente. Ad una
signora con molti gonfiori propone una sola rondella di carota sul suo riso, le
consiglia di masticare ciò che è secco, anche cereali crudi tostati, bere quel che si mangia, mangiare quel che
si beve. Ad un bambino forte e solido che viene a giocare vicino a lui, dà
un secondo pezzo di melone. Ad un discepolo goloso che perde i capelli, Ohsawa
darà delle alghe ridendo…Ohsawa conta sette anni per guarire la golosità. A un
altro malato mette un po’ di Tekka sul suo riso, è stato morso da un serpente e
passeggia affamato perché è a digiuno; un po’ di Dentì lo salverà. Un altro con
gli intestini messi molto male prenderà una tazza di Kuzu, mentre un altro
signore anemico, beve una zuppa di miso. I puniti (i malati) devono privarsi
del dolce, è questa la giustizia.
Il pranzo è durato una buona ora, ma alcuni hanno mangiato
troppo in fretta; hanno bevuto troppo timo, caffè di cereali, Tè Bancha, Tè Mu.
Se ne rendono conto, le loro mani sudano, e quando Ohsawa stringe una mano
umida fa una smorfia: “Sei Yin”! Il
segreto è bere poco, bere il minimo. Qui tutti imparano a non sprecare nulla.
La nostra società conosce bene la produzione, la distribuzione, ma ignora la
consumazione: che cosa e quanto consumiamo. Una storia che circola dice che in
cucina ci si è sbarazzati di un fondo di riso dell’altro ieri. Ohsawa lo ha
scoperto nei rifiuti, lo ha raccolto coscienziosamente fino all’ultimo chicco,
per il suo pasto solitario.
Eppure Ohsawa assaggia di tutto; in passeggiata beve la
birra con coloro che la bevono e sono felici, assaggia un pezzo di torta o di
formaggio di capra con una signora dagli occhi maliziosi, beve un caffè con la
sua grande incorreggibile amica. Ride accetta
tutto, anche la morte. Al Bar assaggia persino un bicchiere di latte, lui
che afferma: il latte è perfetto per il
vitello. Perfetto per il vitello?!...Una signora se ne va offesa, forse
rinuncia. In cucina il Laboratorio di Vita, regna dall’alba una grande
attività.
Silenziosamente, i più avanzati negli studi preparano il pasto,
lavano i chicchi, li cuociono, a volte li tostano. Altri macinano del grano,
del saraceno, del riso, fanno delle miscele, delle creme per i bambini. Si
impasta, si stende, si modella con eleganza e si inforna. A partire da una
ventina di elementi si scoprono migliaia di ricette basate sulla Yanghizzazione
e Yinizzazione. Le idee abbondano, l’alchimia della vita è una creazione
permanente. Si tagliano belle verdure, anche quelle selvatiche, il loro sapore
è delizioso, sono le più preziose. In questo laboratorio, una fata graziosa di
una destrezza prodigiosa, prima esperta mondiale dell’Arte Culinaria
Macrobiotica, Maestra dell’arte floreale, dirige l’opera e la realizza esteticamente.
Ogni suo gesto è seguito, è una piccola giapponese di 65 anni, 35 kg,
infaticabile. Lei va e viene, sorride, sembra una ragazza! E’ Lima Ohsawa. La
moglie del Maestro. Quando taglia una carota, passa nei suoi occhi un dolce
ringraziamento, la carota dà la vita, anche lei. Se qualcuno è sofferente, Lima
posa la mano e la toglie quando il dolore è sparito. In Giappone molte persone
posano così le loro mani.
Ohsawa è venuto per felicitarsi con chi ha preparato il
pranzo. Molto saporito, molto elegante.
Da loro dipende tutto, il buonumore, il sonno, la resistenza, la gioia, la scoperta
della felicità. Guarda i sacchi di cereali coltivati senza concimi chimici e
dice: Meraviglioso!…”
Schizzo della vita di G. Ohsawa
“…Durante gli anni ’30 a Parigi,
un giovane Giapponese, diplomato alla scuola francese di Kobe, s’intrattiene
con il filosofo Lévy-Bruhl, specialista della mentalità primitiva. Si sforza di spiegare al dotto le sfumature
inafferrabili della mentalità primordiale e delle società tradizionali. La
comunicazione è piena di ostacoli. Una promessa gli sarà fatta, commenterà
questa mentalità: mettere in evidenza la crudele fatalità dei popoli sradicati
dalle proprie civiltà. Lévy-Bruhl muore nel 1939, ma il giovane giapponese,
George Ohsawa, nato Nyoti Sakurazawa manterrà la sua promessa, scrive il suo
commento, Il libro del Judo e lo edita
in lingua francese, in Giappone (1952). Il resto della sua opera terminerà la
spiegazione.
Ohsawa è nato il 18 Ottobre 1893 a Kyoto. La sua infanzia è
drammatica. Il paese è divorato dalle tensioni sociali e sempre più
militarizzato - il primo moschetto dall’anima liscia è entrato in Giappone.
Drammatica perché marcata dalla perdita di sua madre (a 30 anni). Ohsawa
descriverà durante la sua vita la fine silenziosa della madre, disperata, e
avrà sempre un grande-elevato sentimento del ruolo della madre. A dieci anni il
padre abbandona la famiglia e scompare, Ohsawa perderà anche le sue due sorelle
e suo fratello. A sedici anni, lui stesso avrà la tubercolosi intestinale e
polmonare, e sarà afflitto da diversi mali. E’ giudicato incurabile dalla
stessa medicina occidentale che ha soppiantato ufficialmente la medicina
tradizionale oramai vietata. Studia la medicina indo-sino-giapponese e a
vent’anni scopre la salute attraverso la macrobiotica. Consacra la sua vita
alla sua divulgazione.
Nel 1930 arriva a
Parigi con la transiberiana. Vive in modo miserabile. Aiuta Souliè de Morant
nelle sue traduzioni sull’agopuntura cinese e gli consegna duemila pagine di
documenti sull’agopuntura. Ohsawa è il primo agopunturista a quei tempi. Crea
una associazione culturale per l’unificazione delle culture dell’Est e
dell’Ovest. Parallelamente studia alla Sorbona la storia e la filosofia
europea, e all’Istituto Pasteur, la biologia, fisiologia, patologia,
psicologia, chimica, biochimica, e altro ancora.
A 48 anni, tornato in Giappone, scrive e predice la
sconfitta del suo paese se entra in guerra contro gli alleati nella seconda
guerra mondiale, provocando un movimento di opposizione. Per questo sarà
arrestato e detenuto sino alla fine della guerra e torturato più di una decina
di volte, per farlo abiurare. Persino in prigione insegna a mangiare e
sopravvivere, sotto terra in una cella a meno 10°, e approfondisce la sua
dialettica Yin-Yang.
Prepara la trasmutazione dell’uomo. Nel 1944, alla
frontiera russo-giapponese, cerca di raggiungere e convincere i dirigenti russi
della necessità di una pacificazione. Condannato a morte, fugge. Arrestato di
nuovo e sul punto di essere fucilato, viene alla fine liberato grazie
all’intervento di influenti persone. Cerca di persuadere i dirigenti imperiali
di proporre la pace agli Stai Uniti, e per questo viene nuovamente arrestato.
La guerra finisce, e all’arrivo di Mc. Arthur, viene definitivamente liberato.
Tra il 1945 e il 1952,
dopo la guerra, continuerà la sua opera di scrittore, le sue opere contano più
di trecento titoli. Crea la maison Ignoramus, scuola permanente consacrata
all’educazione di giovani studenti che si sparpagliano nel mondo intero.
Prosegue la sua azione attraverso riviste e movimenti. Decide il grande tuffo.
Viaggerà il mondo intero distribuendo i frutti delle sue scoperte.
Tra il 1953 e il 1955, Osawa ha superato i 60 anni,
sua moglie Lima 54, lasciano il Giappone per l’India dove insegneranno la
macrobiotica. Poi in nave partono per l’Africa per incontrare il dott. Schweitzer.
Attraversano l’africa centrale, da Mombasa a Lambarenè, dove deve incontrate
Schweitzer. Lui e sua moglie non sono vaccinati e prendono le febbri tropicali.
Continua a istruire i malati, Lima tiene corsi di cucina. 2.500 km in auto,
3.000 km sul fiume Congo. Digiuna per 60 giorni e guarisce. Alla fine raggiunge
Lambarenè e il premio Nobel per la Pace. Ohsawa pensa di convincerlo alla
Medicina Suprema, è pieno di speranza. Si ammala di ulcere tropicali, mortalità
100%, e coglie l’occasione per provare al Dott. Schweitzer che niente è
inguaribile. Scavato fino all’osso da più di duecento piaghe, ferma la malattia
dopo qualche giorno di soli pochi cereali e soprattutto di sale marino, nel
caldo torrido africano. Schweitzer vacilla ma il dialogo non sarà mai
abbozzato. Attraverso queste prove Ohsawa scrive, in due mesi, La Filosofia della Medicina dell’Estremo
Oriente. La dedica del libro è per Albert Schweitzer.
Nel 1956 ritrova
la Francia dopo venticinque anni. Per rientrare otto anni dopo in Giappone.
Nel 1966 scrive
il suo ultimo libro Education of The Will.
Improvvisamente all’età di 73 anni, muore per un attacco cardiaco…”
Per chi è interessato, R.
Lévy che racconta G.Ohsawa prosegue e terminerà con il prossimo
appuntamento, il N. 62. A presto allora…e buona anno a tutti!
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