giovedì 11 gennaio 2018

APPUNTAMENTO N. 61
RENE’ LEVY RACCONTA G. OHSAWA
di Bruno Sangiovanni

Per chi non avesse visto gli ultimi appuntamenti, ricordo che il tema René Lévy Racconta G. Ohsawa è iniziato con l’appuntamento N. 57, solo nel caso si volesse rivedere questo racconto dal suo inizio.

Con l’appuntamento di oggi, riprendiamo, e proseguiamo il racconto riproducendo due capitoli dello scritto di René. Il primo si intitola Il Maestro della tavola; il secondo Schizzo della Vita di G. Ohsawa. Per quanto riguarda il primo (Il Maestro della tavola), lo riporto integralmente perché si tratta di un vero e proprio affresco di una tipica giornata macrobiotica, in questo caso durante uno dei campi estivi con G. Ohsawa verso la fine degli anni ’50.
In cucina con Daniele a Cuisine et Santé (Foto Cuisine et Santé)
Lo faccio anche perché sono sicuro che chi è stato a Cuisine et Santé e ha conosciuto René, ritroverà in questo breve capitolo esattamente le cose che ha sperimentato direttamente a Saint Gaudens. Come rivedere un film già visto. Nel racconto qui di seguito: il Maestro della tavola era G. Ohsawa, nel film immaginario invece, il Maestro della Tavola è René. Per il resto, nessuna differenza. Interessante!

Il Maestro della tavola
“…E’ uno sciame che accompagna ognuno dei suoi passi (si intende di Ohsawa). Lui li contempla, i suoi occhi rapidi vedono su ogni viso la sua storia, concretamente: Troppa frutta!, Sì! - Proteine animali?, Sì! -Così tanto zucchero!, Sì! - Così tante medicine!, Sì! Guaritevi dal vostro Sanpaku! Troppi liquidi! Mancanza di precisione! Mancanza di Flessibilità! Masticare di più! Gomashio! Studiate Yin e Yang. E così vanno fino a tavola. Si siedono. Hanno fame e sono gioiosi. Mastichiamo, mastichiamo! Ed ecco che il nostro corpo è in buona salute.

I piatti sono serviti, la tavola è guarnita molto esteticamente, cereali (riso integrale, miglio, saraceno, orzo, mais, fiocchi d’avena). Verdure (carote, cipolle, rape, crescione, cavolo e ravanelli) qualche beignets di verdura selvatica. Torte, composte di piccole mele. Sulla tavola scodelle di legno per il gomashio, tamari, del pane integrale scelto, olive nere, burro di sesamo integrale (tahin). A partire da questi elementi, il gioco Yin-Yang comincia.

Ciascuno secondo il proprio stato fisico, la propria età, la propria attività, la propria golosità, la propria giustizia. La quantità uccide la qualità. Ohsawa guida alcuni malati intorno a lui, condisce con tamari le verdure. Niente dessert per questo reumatico, per lui la N. 7 è la strada più rapida (pur restando libero di andare la sera al ristorante più vicino a fare bisboccia). Ad un ragazzo lo incoraggia a servirsi abbondantemente. Ad una signora con molti gonfiori propone una sola rondella di carota sul suo riso, le consiglia di masticare ciò che è secco, anche cereali crudi tostati, bere quel che si mangia, mangiare quel che si beve. Ad un bambino forte e solido che viene a giocare vicino a lui, dà un secondo pezzo di melone. Ad un discepolo goloso che perde i capelli, Ohsawa darà delle alghe ridendo…Ohsawa conta sette anni per guarire la golosità. A un altro malato mette un po’ di Tekka sul suo riso, è stato morso da un serpente e passeggia affamato perché è a digiuno; un po’ di Dentì lo salverà. Un altro con gli intestini messi molto male prenderà una tazza di Kuzu, mentre un altro signore anemico, beve una zuppa di miso. I puniti (i malati) devono privarsi del dolce, è questa la giustizia.

Il pranzo è durato una buona ora, ma alcuni hanno mangiato troppo in fretta; hanno bevuto troppo timo, caffè di cereali, Tè Bancha, Tè Mu. Se ne rendono conto, le loro mani sudano, e quando Ohsawa stringe una mano umida fa una smorfia: “Sei Yin”! Il segreto è bere poco, bere il minimo. Qui tutti imparano a non sprecare nulla. La nostra società conosce bene la produzione, la distribuzione, ma ignora la consumazione: che cosa e quanto consumiamo. Una storia che circola dice che in cucina ci si è sbarazzati di un fondo di riso dell’altro ieri. Ohsawa lo ha scoperto nei rifiuti, lo ha raccolto coscienziosamente fino all’ultimo chicco, per il suo pasto solitario.

Eppure Ohsawa assaggia di tutto; in passeggiata beve la birra con coloro che la bevono e sono felici, assaggia un pezzo di torta o di formaggio di capra con una signora dagli occhi maliziosi, beve un caffè con la sua grande incorreggibile amica. Ride accetta tutto, anche la morte. Al Bar assaggia persino un bicchiere di latte, lui che afferma: il latte è perfetto per il vitello. Perfetto per il vitello?!...Una signora se ne va offesa, forse rinuncia. In cucina il Laboratorio di Vita, regna dall’alba una grande attività.

Silenziosamente, i più avanzati negli studi preparano il pasto, lavano i chicchi, li cuociono, a volte li tostano. Altri macinano del grano, del saraceno, del riso, fanno delle miscele, delle creme per i bambini. Si impasta, si stende, si modella con eleganza e si inforna. A partire da una ventina di elementi si scoprono migliaia di ricette basate sulla Yanghizzazione e Yinizzazione. Le idee abbondano, l’alchimia della vita è una creazione permanente. Si tagliano belle verdure, anche quelle selvatiche, il loro sapore è delizioso, sono le più preziose. In questo laboratorio, una fata graziosa di una destrezza prodigiosa, prima esperta mondiale dell’Arte Culinaria Macrobiotica, Maestra dell’arte floreale, dirige l’opera e la realizza esteticamente. Ogni suo gesto è seguito, è una piccola giapponese di 65 anni, 35 kg, infaticabile. Lei va e viene, sorride, sembra una ragazza! E’ Lima Ohsawa. La moglie del Maestro. Quando taglia una carota, passa nei suoi occhi un dolce ringraziamento, la carota dà la vita, anche lei. Se qualcuno è sofferente, Lima posa la mano e la toglie quando il dolore è sparito. In Giappone molte persone posano così le loro mani.

Ohsawa è venuto per felicitarsi con chi ha preparato il pranzo. Molto saporito, molto elegante. Da loro dipende tutto, il buonumore, il sonno, la resistenza, la gioia, la scoperta della felicità. Guarda i sacchi di cereali coltivati senza concimi chimici e dice: Meraviglioso!…”

Schizzo della vita di G. Ohsawa

Durante gli anni ’30 a Parigi, un giovane Giapponese, diplomato alla scuola francese di Kobe, s’intrattiene con il filosofo Lévy-Bruhl, specialista della mentalità primitiva. Si sforza di spiegare al dotto le sfumature inafferrabili della mentalità primordiale e delle società tradizionali. La comunicazione è piena di ostacoli. Una promessa gli sarà fatta, commenterà questa mentalità: mettere in evidenza la crudele fatalità dei popoli sradicati dalle proprie civiltà. Lévy-Bruhl muore nel 1939, ma il giovane giapponese, George Ohsawa, nato Nyoti Sakurazawa manterrà la sua promessa, scrive il suo commento, Il libro del Judo e lo edita in lingua francese, in Giappone (1952). Il resto della sua opera terminerà la spiegazione.

Ohsawa è nato il 18 Ottobre 1893 a Kyoto. La sua infanzia è drammatica. Il paese è divorato dalle tensioni sociali e sempre più militarizzato - il primo moschetto dall’anima liscia è entrato in Giappone. Drammatica perché marcata dalla perdita di sua madre (a 30 anni). Ohsawa descriverà durante la sua vita la fine silenziosa della madre, disperata, e avrà sempre un grande-elevato sentimento del ruolo della madre. A dieci anni il padre abbandona la famiglia e scompare, Ohsawa perderà anche le sue due sorelle e suo fratello. A sedici anni, lui stesso avrà la tubercolosi intestinale e polmonare, e sarà afflitto da diversi mali. E’ giudicato incurabile dalla stessa medicina occidentale che ha soppiantato ufficialmente la medicina tradizionale oramai vietata. Studia la medicina indo-sino-giapponese e a vent’anni scopre la salute attraverso la macrobiotica. Consacra la sua vita alla sua divulgazione.

Nel 1930 arriva a Parigi con la transiberiana. Vive in modo miserabile. Aiuta Souliè de Morant nelle sue traduzioni sull’agopuntura cinese e gli consegna duemila pagine di documenti sull’agopuntura. Ohsawa è il primo agopunturista a quei tempi. Crea una associazione culturale per l’unificazione delle culture dell’Est e dell’Ovest. Parallelamente studia alla Sorbona la storia e la filosofia europea, e all’Istituto Pasteur, la biologia, fisiologia, patologia, psicologia, chimica, biochimica, e altro ancora.
A 48 anni, tornato in Giappone, scrive e predice la sconfitta del suo paese se entra in guerra contro gli alleati nella seconda guerra mondiale, provocando un movimento di opposizione. Per questo sarà arrestato e detenuto sino alla fine della guerra e torturato più di una decina di volte, per farlo abiurare. Persino in prigione insegna a mangiare e sopravvivere, sotto terra in una cella a meno 10°, e approfondisce la sua dialettica Yin-Yang.
Prepara la trasmutazione dell’uomo. Nel 1944, alla frontiera russo-giapponese, cerca di raggiungere e convincere i dirigenti russi della necessità di una pacificazione. Condannato a morte, fugge. Arrestato di nuovo e sul punto di essere fucilato, viene alla fine liberato grazie all’intervento di influenti persone. Cerca di persuadere i dirigenti imperiali di proporre la pace agli Stai Uniti, e per questo viene nuovamente arrestato. La guerra finisce, e all’arrivo di Mc. Arthur, viene definitivamente liberato.

Tra il 1945 e il 1952, dopo la guerra, continuerà la sua opera di scrittore, le sue opere contano più di trecento titoli. Crea la maison Ignoramus, scuola permanente consacrata all’educazione di giovani studenti che si sparpagliano nel mondo intero. Prosegue la sua azione attraverso riviste e movimenti. Decide il grande tuffo. Viaggerà il mondo intero distribuendo i frutti delle sue scoperte.

Tra il 1953 e il 1955, Osawa ha superato i 60 anni, sua moglie Lima 54, lasciano il Giappone per l’India dove insegneranno la macrobiotica. Poi in nave partono per l’Africa per incontrare il dott. Schweitzer. Attraversano l’africa centrale, da Mombasa a Lambarenè, dove deve incontrate Schweitzer. Lui e sua moglie non sono vaccinati e prendono le febbri tropicali. Continua a istruire i malati, Lima tiene corsi di cucina. 2.500 km in auto, 3.000 km sul fiume Congo. Digiuna per 60 giorni e guarisce. Alla fine raggiunge Lambarenè e il premio Nobel per la Pace. Ohsawa pensa di convincerlo alla Medicina Suprema, è pieno di speranza. Si ammala di ulcere tropicali, mortalità 100%, e coglie l’occasione per provare al Dott. Schweitzer che niente è inguaribile. Scavato fino all’osso da più di duecento piaghe, ferma la malattia dopo qualche giorno di soli pochi cereali e soprattutto di sale marino, nel caldo torrido africano. Schweitzer vacilla ma il dialogo non sarà mai abbozzato. Attraverso queste prove Ohsawa scrive, in due mesi, La Filosofia della Medicina dell’Estremo Oriente. La dedica del libro è per Albert Schweitzer.

Nel 1956 ritrova la Francia dopo venticinque anni. Per rientrare otto anni dopo in Giappone.

Nel 1966 scrive il suo ultimo libro Education of The Will. Improvvisamente all’età di 73 anni, muore per un attacco cardiaco…”

Per chi è interessato, R. Lévy che racconta G.Ohsawa prosegue e terminerà con il prossimo appuntamento, il N. 62. A presto allora…e buona anno a tutti!


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